Quali possono essere le cause dell’esplosione di un...

2022-12-29 11:02:35 By : Mr. James Hu

Esempi di incidenti e infortuni professionali con riferimento a dinamiche di esplosione da sovrapressione da innesco di miscela infiammabile. Il caso dell’esplosione di un serbatoio atmosferico in uno stabilimento farmaceutico.

Brescia, 22 Dic – In questi anni i vari convegni SAFAP (Sicurezza ed affidabilità delle attrezzature a pressione) ci hanno permesso di affrontare vari aspetti connessi con i rischi e la prevenzione in relazione alle attrezzature a pressione. 

In questi incontri, oltre a presentare nuove ricerche e studi, sono riportate indicazioni sulle buone prassi e sui casi di infortunio che possono essere utili per il miglioramento delle strategie di prevenzione e della sicurezza degli operatori. E questo anche con riferimento ad ambiti lavorativi particolari, come i cosiddetti spazi confinati, in cui possono essere necessari interventi ispettivi, di verifica o di manutenzione delle attrezzature a pressione.

Con riferimento agli atti del convegno SAFAP che si è tenuto nel 2018 - “ SAFAP 2018 - Sicurezza e affidabilità delle attrezzature a pressione. La gestione del rischio dalla costruzione all’esercizio a 130 anni dal primo decreto sulla sicurezza delle caldaie a vapore” (Bologna, 28 e 29 novembre 2018) – ci soffermiamo oggi su un incidente raccontato nell’intervento “Analisi delle criticità gestionali all’origine di incidenti rilevanti recentemente occorsi in Italia – casi di sovrapressione in ambienti totalmente confinati”, a cura di F. Delli Quadri (ISPRA - Servizio per i Rischi e la Sostenibilità Ambientale delle Tecnologie, delle Sostanze Chimiche, dei Cicli Produttivi e dei Servizi Idrici e per le Attività Ispettive).

In questo intervento si affrontano alcuni casi incidentali – oggi ne presentiamo uno – accomunati dalla “dinamica di esplosione da sovrapressione da innesco di miscela infiammabile sviluppatasi all’interno di serbatoi/containers”. Casi incidentali la cui criticità, come raccontato dal relatore, risiede “principalmente nel fatto che, a fronte della semplicità impiantistica del processo e delle apparecchiature coinvolte, gli stessi eventi non sono mai stati ipotizzati nell’analisi di sicurezza, e pertanto neanche gestiti a livello di adozione delle necessarie misure preventive e mitigative, tecniche e gestionali”.

Questi gli argomenti trattati nell’articolo:

Il caso, su cui ci soffermiamo, riguarda l’esplosione di un serbatoio atmosferico di equalizzazione in uno stabilimento farmaceutico.

L’incidente, racconta il relatore, si è verificato in uno stabilimento dedicato alla fabbricazione di prodotti farmaceutici di base mediante procedimento chimico-biologico e l’apparecchiatura origine dell’evento “è un serbatoio equalizzatore TK ubicato nella sezione trattamento reflui provenienti dal recupero solventi dell’impianto per la produzione di Rifamicina O”. Il serbatoio ha “la funzione di polmone di stoccaggio e di equalizzazione del “brodo esausto strippato” (BES), ovvero del refluo derivante dalla produzione di antibiotico rifamicina, e proveniente direttamente dal reparto di estrazione della rifamicina”.

Rimandiamo alla lettura integrale dell’intervento che descrive il serbatoio di equalizzazione TK e ci soffermiamo sulla dinamica dell’incidente.

Si indica che nel corso di un intervento di una modifica programmata sulla linea di alimentazione al serbatoio TK, “durante lavori di tipo ‘a caldo’ sul serbatoio si è verificata una esplosione confinata del serbatoio, con proiezione del tetto a distanza di circa 20 m: l’esplosione ha determinato la morte di un operatore esterno ed il ferimento di 4 altri operatori (3 esterni + 1 interno), tutti impegnati nell’intervento di modifica. Scopo dell’intervento era quello di modificare la linea di alimentazione del BES nel TK con inserimento di uno stacco per il collegamento di una tubazione proveniente dal reparto fermentazione al fine di convogliare, nello stesso serbatoio TK, il refluo BES derivante dalla prova sperimentale di fermentazione effettuata per la nuova produzione di antibiotico Spiramicina”.

Si indica che la linea d’alimentazione BES “era stata svuotata dal refluo proveniente dal reparto distilleria. Lo sfiato del serbatoio collocato sulla sommità del tetto era aperto come di sua natura. Il serbatoio era pieno per circa 50% del suo volume. 5 operatori erano impegnati nell’esecuzione del lavoro, 4 dipendenti da ditta esterna e uno interno. Gli operatori della ditta esterna avevano scollegato la linea di alimentazione BES rimuovendo la valvola di intercettazione sul bocchello di ingresso posto sul tetto del serbatoio TK, senza previa chiusura con flangia cieca del bocchello. Un operatore era posizionato sul tetto del TK in prossimità della flangia del bocchello aperto; gli altri operatori si trovavano sulla passerella di accesso al tetto del serbatoio. Stavano quindi iniziando a tagliare il tubo esistente con una mola circolare; probabilmente al contatto della mola elettrica con la tubazione, le scintille prodotte hanno provocato l’innesco di atmosfera esplosiva, non prevista ma presente all’interno del serbatoio”.

Veniamo alle cause dell’incidente.

Vengono presentate prima le cause dirette, sulla base delle informazioni raccolte in fase di successivo sopralluogo e dei risultati dell’indagine giudiziaria condotta sull’esplosione, “ipotizzate e considerate plausibili:

Veniamo poi alle cause indirette o di radice e alle carenze gestionali SGS connesse.

In corrispondenza alle cause dirette ipotizzabili vengono dunque estrapolate “cause ‘di radice’, legate agli aspetti gestionali del Sistema di Gestione della Sicurezza ex d.lgs.105/15 e all’applicazione della normativa sulla Sicurezza sul Lavoro ex d.lgs. 81/08 e s.m.i. che, sulla base delle informazioni raccolte hanno avuto un ruolo nel verificarsi dell’evento stesso e nella sua evoluzione”.

In particolare per quanto attiene la Direttiva ATEX (ultima versione ATEX 2014/34/UE) “esiste l’obbligo per il datore di lavoro della valutazione dei rischi di formazione di atmosfere esplosive, con individuazione attraverso adeguata analisi delle aree a diverso livello di rischio. In funzione del livello di rischio, inoltre, vanno utilizzate attrezzature marchiate ATEX ed adottate altre misure preventive incluse segnaletica e formazione del personale”. E l’azienda “aveva in generale ottemperato alla normativa, affidandosi ad una ditta di consulenza specialistica: tuttavia l’area trattamento acque reflue provenienti da produzione di rifamicina non era stata considerata a rischio di esplosione. Pertanto l’applicazione della normativa, pur se eseguita, non si è rivelata adeguata per via di tale errore che certamente si poteva evitare: la formazione di biogas da fermentazione di reflui organici, seppure in settori diversi, è un fenomeno comunque noto, anche se poco probabile. Sarebbe stato dunque più corretto classificare l’area di interesse come zona 3, cioè ‘Area in cui durante le normali attività non è probabile la formazione di un'atmosfera esplosiva’, per la quale le misure richieste dalla classificazione ATEX sarebbero probabilmente state sufficienti ad evitare l’evento”.

Sono riportati poi altri elementi coinvolti, evidenziati anche in fase di ispezione SGS condotta nello stabilimento:

Rimandiamo ad una lettura integrale dell’intervento che riporta non solo ulteriori indicazioni e riflessioni sulle criticità gestionali emerse, ma anche immagini e disegni esplicativi degli incidenti presentati.

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Inail, Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici, “ SAFAP 2018 - Sicurezza e affidabilità delle attrezzature a pressione. La gestione del rischio dalla costruzione all’esercizio a 130 anni dal primo decreto sulla sicurezza delle caldaie a vapore”, atti del convegno SAFAP 2018 a cura di Francesca Ceruti e Daniela Gaetana Cogliani, edizione 2018 (formato PDF, 29.42 MB).

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